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giovedì 18 febbraio 2016

Risparmiatore consapevole. Il valore della Borsa dopo le perdite della Pop. Vicenza

L’elevato grado di liquidabilità di uno strumento finanziario dovrebbe contraddistinguere qualunque tipologia di investimento presente nei portafogli di ogni risparmiatore. La liquidabilità di uno strumento indica la presenza di un numero elevato di compratori e venditori (domanda ed offerta sul titolo) in grado di soddisfare nell’arco della giornata gran parte delle richieste di acquisto e vendita senza che il prezzo del titolo in questione subisca forti oscillazioni. Ancora di più, l’elevato grado di liquidità di uno strumento finanziario vuol dire quindi avere in portafoglio uno strumento quotato su un mercato regolamentato, dove la costante presenza di operatori consente uno scambio fluido tra la domanda e l’offerta e la formazione costante di un prezzo di equilibrio. L’ennesima triste vicenda di questi giorni della Banca Popolare di Vicenza, i cui azionisti si sono trovati in mano azioni di un istituto ad un valore pressoché azzerato, ci impone di ritornare con forza sul tema affrontato nel “Manuale del Risparmiatore” relativo alla necessità di scegliere esclusivamente strumenti finanziari quotati in Borsa. A coloro i quali ritengono che i mercati finanziari siano solo un luogo dove regna la speculazione rispondo affermando che le “contrattazioni in continua” garantite da mercati regolamentati, e quindi il meccanismo di trasmissione delle informazioni sul book dei prezzi, in base alla forza tra la domanda e l’offerta, risulta uno dei migliori termometri per misurare lo stato di salute di qualunque società emittente: sia che si tratti di azioni o di obbligazioni. Il caso Vicenza è emblematico. Non è tanto grave che gli azionisti abbiano perso i loro risparmi investendo in titoli rappresentativi del capitale di rischio di una banca: il cui prezzo è passato dai 62,5 euro ad azione in fase di aumento di capitale ad un valore teorico di 6,3 euro (con una perdita di oltre il 90%). La vera criticità e il dramma e che è stato negato agli azionisti il “diritto” di vendere le azioni, anche in perdita, per l’impossibilità di trovare un compratore. Di fronte alla richiesta di vendere le azioni, gli impiegati di banca del borsino hanno ripetuto per mesi che non c’erano compratori in grado di riacquistare le azioni. E questo perché i risparmiatori avevano in portafoglio azioni non quotate (in assenza del Market Maker da parte della banca collocatrice) e pertanto impossibilitati a rivendere a pronti per la mancanza di scambi giornalieri e di un prezzo ufficiale. Scegliere titoli quotati non è sinonimo di investimento privo di rischio, tutt’altro, ma consente al risparmiatore di controllare giorno per giorno l’andamento del prezzo e la valorizzazione della società  su cui abbiamo investito. Ci consente di inserire degli stop automatici di vendita al raggiungimento di una soglia prefissata di perdita e, soprattutto, consente all’investitore di rimanere vigile sull’andamento dei propri investimenti in caso di forte oscillazione dei prezzi. Perché va ricordato che i movimenti di Borsa anticipano sempre i futuri accadimenti di natura fondamentale: sia in positivo che in negativo. La discesa sensibile delle quotazioni, molto spesso ci avverte della presenza di pesanti vendite che stanno colpendo il titolo da parte di chi potrebbe avere a disposizione in anticipo informazioni sensibili. Al contrario, agli ignari azionisti della Vicenza non è rimasto che affondare insieme alla banca, senza poter gestire il comando della banca e ancora di più senza nessuna scialuppa di salvataggio a disposizione.

Edoardo Liuni

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