ITFORUM2016

giovedì 17 dicembre 2015

Risparmio sicuro. La selezione delle ''buone società'' per migliorare il rendimento



Il fallimento delle quattro banche e la contemporanea introduzione delle regole del bail-in, stanno fortunatamente riportando alla ribalta del pubblico dei risparmiatori la necessità di prestare scrupolosamente attenzione  ai buoni fondamentali delle società, sia quando si tratta di scegliere un investimento sia quando si tratta di individuare la banca dove depositare i propri risparmi. Se rimaniamo nella fattispecie della scelta del giusto strumento finanziario per investimento, ci dobbiamo sempre ricordare che dietro un’azione ci sono storie di manager, strategie, risultati e mercati concorrenziali: in pratica c’è una società che vive di risultati i cui andamenti futuri condizioneranno  le performance dei prezzi in borsa. Pertanto ogni investitore deve assolutamente cominciare a familiarizzare con l’analisi dei documenti che consentono di valutare lo stato di salute di una compagnia: che sia banca o società industriale. Come spieghiamo ne “Il Manuale del Risparmiatore”(Ed. Hoepli, 2015) le scelte consapevoli partono dai due approcci metodologici: l’analisi tecnica e l’analisi fondamentale. Ormai dopo tanti anni di esperienza sono arrivato alla conclusione che la scelta delle società attraverso l’analisi di bilancio (fondamentale) non è sufficiente se non coadiuvata dallo studio del trend di mercato e quindi dall’analisi grafica. Ma se pensiamo ad un investimento di lungo periodo, non possiamo non partire dallo studio dei due principali indicatori: il fatturato e l’utile. Nel Manuale affrontiamo questi approcci necessari a comprendere la  valutazione delle società: “Capire se la società è in grado di generare utili sempre crescenti, non solo consente di valutare lo stato di salute attuale dell’azienda in termini reddituali, ma soprattutto mi serve per stabilire se il titolo su cui sto investendo sarà in grado di generare nel tempo rendimenti cedolari in crescita o se la maturità del business o della società mi suggerisce di cercare altrove migliori opportunità di rendimento”. E tra i multipli con cui ogni risparmiatore dovrebbe cominciare a familiarizzare ci sono i rapporti Prezzo/Utile (o P/E da earnings) e il Dividend Yield (Utili/Prezzo). Il primo indicatore ci fornisce una sintesi sulla economicità o meno di un investimento, soprattutto se rapportato ai rispettivi competitor, mentre il secondo indicatore ci fornisce un dato di sintesi sulla redditività dello strumento. E sono due multipli che vengono utilizzati costantemente ogni giorno dagli analisti professionisti di tutto il mondo.
A tale proposito, cito un interessante analisi della società internazionale ECR Research, che ha analizzato tutte le società quotate dello S&P500, riscontrando proprio sulla base dello studio del multiplo dividend yield che più di 200 società appartenenti all’indice americano presentano un rendimento più elevato di quello offerto dai  Treasury Bond Usa a 10 anni. 


Cioè, sulla base del flusso cedolare che queste società dovrebbero garantire ogni anno, le azioni selezionate sulla base delle potenzialità reddituali e dell'affidabilità finanziaria offrono un flusso cedolare più elevato rispetto all’asset class obbligazionaria. Quindi in ottica di diversificazione, un risparmiatore con profilo di rischio più elevato potrebbe scegliere di sovrappesare le “buone società” per migliorare il rendimento prospettico del portafoglio. Naturalmente la scelta timing di ingresso dovrà essere effettuata utilizzando l’analisi tecnica.

Edoardo Liuni

sabato 12 dicembre 2015

Il fallimento delle 4 banche: gli errori che i risparmiatori devono evitare



Il recente fallimento di 4 banche, CariChieti, CariFerrara, Cassa Marche e Banca Etruria, culminato con il tragico evento del suicidio del pensionato di Civitavecchia, causato dalla delusione di aver perso tutti i risparmi di una vita nell’acquisto di obbligazioni subordinate di una delle banche poi fallite, ci spinge ad una riflessione amara sul fatto che la storia si ripete (vedi i casi Parmalat, Cirio e Bond argentini) e soprattutto sul perché la mancanza di cultura finanziaria spinge i risparmiatori a commettere gli stessi errori quando bisogna decidere come investire i propri risparmi.
Anche se le cronache degli ultimi giorni dipingerebbero un quadro desolante sulla condotta del personale delle banca che da quanto si apprende avrebbe venduto ad ignari risparmiatori titoli obbligazionari subordinati (strumenti pressappoco equiparabili a capitale di rischio azionario) spacciandoli per  investimenti assolutamente sicuri e privi di rischio, provocatoriamente dico a questi poveri pensionati coinvolti, che sarebbe bastato leggere le prime righe che aprono il primo capitolo de “Il Manuale del Risparmiatore” (Ed. Hoepli, 2015) per limitare i danni o quantomeno accendere un faro dubitativo di fronte al consiglio del direttore di banca, dell’amico o del consulente finanziario che proponevano con disinvoltura, o magari in buona fede, obbligazioni bancarie dagli elevati rendimenti ma dalla struttura complessa e opaca.
Il Manuale inizia proprio così: “Non esistono formule magiche per diventare ricchi investendo nei mercati finanziari. Chi cerca scorciatoie, colpacci o crede nella soffiata dell’amico rischia di rimanere a bocca asciutto o ancora peggio si espone a rischi elevati. E parlando proprio di rischio, uno dei principi fondamentali da tenere bene a mente per avere successo negli investimenti – sia che si tratti di un professionista che di un piccolo risparmiatore - è saper individuare e gestire bene il rischio a cui è soggetta ogni singola scelta finanziaria e, di conseguenza, l’intero portafoglio”. In pratica, e si entra nel vivo degli argomenti trattati nel libro, ogni risparmiatore quando si trova di fronte ad una scelta finanziaria deve tenere bene a mente i concetti di rischio e di rendimento, quest’ultimo direttamente proporzionato al primo. E in seconda battuta applicare la regola fondamentale della diversificazione.
Leggendo attentamente i fatti, emerge con chiarezza le cause che hanno portato centinaia di clienti a mandare in fumo i risparmi di una vita. Se da una parte, dipendenti bancari senza scrupoli hanno proposto strumenti finanziari rischiosi spacciandoli per sicuri, dall’altra buona parte degli ignari sottoscrittori non hanno applicato quelle semplici regole di salvaguardia, appena descritte, che precedono la scelta di ogni investimento. Molti di loro purtroppo non si sono chiesti: “Qualora l’investimento dovesse andare male (concetto di rischio) quale somma sono disposto a perdere senza la quale continuerei a guardare con tranquillità al mio futuro?”. Stabilito l’importo, nessuno di loro avrebbe mediamente investito più del 5% del capitale (concetto di diversificazione del portafoglio) nelle ormai famose obbligazioni strutturate. E oggi avremmo comunque tanti investitori arrabbiati, quello è inevitabile, ma non costretti sul lastrico da gestioni dissennate e criminale di chi ha amministrato negli anni le banche ora fallite nella totale assenza di controlli istituzionali.

Edoardo Liuni