ITFORUM2016

lunedì 30 maggio 2016

Esma. Innalza le competenze del personale bancario nell'offerta di investimenti

Dal sito della Consob si apprende che l’Esma - European Securities and Markets Authority, l’autorità di vigilanza ha pubblicato un documento dal titolo “Guidelines for the assessment of knowledge and
competence” contenente i criteri per la valutazione delle conoscenze e competenze delle persone fisiche che, per conto dell’intermediario, forniscono consulenza alla clientela in materia di investimenti o informazioni su strumenti finanziari, servizi d’investimento o servizi accessori.
Il documento e' scaricabile dal sito della Consob, nella sezione “Regolamentazione, Intermediari,
Pareri e orientamenti Esma” o al seguente link: Esma, Orientamenti sulla valutazione delle conoscenze e competenze
La nuova disciplina di matrice comunitaria è finalizzata a promuovere, nella prospettiva dell’investor protection, un innalzamento dei livelli di competenza e professionalità dei dipendenti degli intermediari a diretto contatto con la clientela nella prestazione dei servizi di investimento e accessori. A tale scopo, l’Esma stabilisce standard minimi, in termini di qualifica professionale e di
esperienza lavorativa pregressa, comuni a livello europeo, per l’accesso alle attività citate. Prevede inoltre presidi ad hoc per il mantenimento e aggiornamento nel tempo di tali requisiti che dovrà avvenire a cura degli intermediari stessi. Gli orientamenti Esma saranno recepiti nel nostro ordinamento nell’ambito della trasposizione delle disposizioni previste dalla direttiva Mifid II (n. 2014/65/Ue) e delle relative misure di attuazione. Gli intermediari sottoposti alla vigilanza Consob
saranno tenuti a rispettarli a partire dalla data di applicazione della stessa Mifid II.


mercoledì 4 maggio 2016

Vuoi diventare ricco in poco tempo?

Se sei attirato da messaggi come questo navigando in rete allora hai buone chanches di finire truffato da una delle tante proposte che riempiono i banner e le promozioni dei social network.
Questo servizio de LA7 spiega come stanno le cose in verità: QUI



venerdì 8 aprile 2016

LEVA DEL BROKER E LEVA REALE DI RISCHIO

Eccoci a parlare di leva finanziaria. Purtroppo molti confondono o non conoscono ancora il concetto di leva finanziaria, e spesso addirittura la confondono con il margine. La leva finanziaria, per definizione è : AMMONTARE (comprato o venduto a mercato) / EQUITY (sul conto trading). Per fare un ulteriore esempio quindi se detengo un'equity di 50 mila euro sul conto trading e compro 1 lotto (100.000 euro) su Eurusd , allora
100.000 / 50.000 = 2
2 quindi sarà la leva utilizzata da noi in quel momento, indipendentemente dalla leva massima che ci starà offrendo il Broker (100-200-400). Molti non fanno distinzione tra leva utilizzata quindi (quella scelta) e leva utilizzabile (ovvero la leva massima offerta dal broker).
Ora, potrebbe sembrare semplice tutto questo, ma in realtà esiste una ulteriore definizione e distinzione tra leva reale di rischio e leva determinata dal Broker.
Per comprenderne la differenza, facciamo un altro esempio:
Avendo sempre un'equity di 50.000 euro sul conto broker, ipotizziamo di
+ 100.000 eurusd 1.1385 
- 100.000 eurjpy 123.78
+ 50.000 nzdusd 0.6790

Quale leva sto utilizzando ???
La leva utilizzata si troverà attraverso la somma degli ammontari comprati o venduti a mercato, in valore assoluto, ovvero
100.000 eur (relativi a eurusd) + 100.000 eur (relativi a eurjpy) 
+ 50.000 nzd (che in euro al cambio di 1.6760 sarà = 29.800 euro)

RICORDIAMO CHE PER CALCOLARE LA LEVA UTILIZZATA CORRETTA BISOGNA RIFERIRE TUTTI GLI AMMONTARI ALLA VALUTA DI RIFERIMENTO CON CUI IL TRADER HA APERTO IL CONTO.
Quindi 100.000 + 100.000 + 29.800 (per comodità scriviamo 30.000) = 230.000 euro.
230.000 euro / 50.000 euro = 4.6 (leva utilizzata).
Nel prendere il margine richiesto, il broker calcolerà una leva utilizzata di 4.6. Se la leva massima offerta dallo stesso broker, sarà per esempio 100, ciò significherà che il margine richiesto sarà uguale a 1/100, quindi nel nostro caso, visto che il margine prelevato dal broker è
AMMONTARE (comprato o venduto a mercato) / Leva utilizzabile (leva massima concessa dal broker)
In questo caso quindi sarà
230.000 / 100 = 2.300 euro, che sarà il margine prelevato dal broker per le operazioni assunte a mercato.
Ma ora ci dobbiamo chiedere; Quale è la nostra leva reale di rischio ?
Per comprendere cosa sia, dobbiamo calcolare la nostra
ESPOSIZIONE VALUTARIA, ovvero conoscere il netting delle posizioni che abbiamo in essere.
In questo caso,
+ 100.000 eurusd 1.1385 
- 100.000 eurjpy 123.78
+ 50.000 nzdusd 0.6790

creano una posizione netta short UsdJpy sintetica perchè
+100.000 euro sono - 138.500 $ al cambio di 1.1385, 
e
- 100.000 euro sono + 12.378.000 Jpy al cambio di 123.78

Il netting di queste due posizioni sono esattamente
-138.500 usdjpy al cambio di (123.78/1.1385 = 108.722)
La rimanente posizione sarà di 50.000 Nzdusd che abbiamo visto essere circa 30.000 euro (29.800 per la precisione).
138.500 sono però esattamente 100.000 euro che sommati ai 29.800 euro di posizione di NzdUsd, fanno esattamente
129.800 euro di ESPOSIZIONE REALE DI RISCHIO.
QUINDI LA LEVA REALE DI RISCHIO, NEL CASO IN OGGETTO
SARA' PARI A

129.800 / 50.000 = 2.596
Ergo , la leva del broker sarà 4.6 mentre la nostra leva reale di rischio, che ci fornisce il reale rischio che corriamo di fronte a movimenti dei cambi coinvolti, sarà pari a 2.596.
Ecco perchè spesso io creo gli hedging , per ridurre la leva reale di rischio quando il mercato non mi sta andando a favore.
Sperando di avervi fatto cosa gradita, vi saluto cordialmente !
Saverio Berlinzani

martedì 29 marzo 2016

Consob. L'ignoranza finanziaria rende "overconfident" e propensi al "fai da te"

La Consob ha pubblicato il nuovo Quaderno di finanza (QdF) dal titolo "Financial advice seeking and financial knowledge. Evidence from the Italian market". Il documento, redatto in inglese, analizza le determinanti della domanda di consulenza finanziaria avvalendosi di un campione rappresentativo di decisori finanziari italiani. In particolare, indaga il ruolo delle conoscenze finanziarie, effettive e percepite, oltre alla relazione tra conoscenze effettive e percezione delle competenze da parte dei singoli soggetti. I temi analizzati toccano due aspetti principali: l’eventualità che la consulenza finanziaria possa sopperire ai bassi livelli di financial literacy dei risparmiatori italiani e il ruolo dell’overconfidence (ossia la sopravvalutazione delle proprie capacità) nelle scelte finanziarie. La principale conclusione cui perviene lo studio è che oggi i soggetti con un più elevato livello di conoscenze finanziarie mostrano la maggiore propensione ad affidarsi a un esperto. La consulenza sembrerebbe agire, pertanto, in via complementare rispetto alla cultura finanziaria, integrandola nel contribuire al miglioramento delle qualità delle scelte di investimento dei risparmiatori. Gli individui in possesso di limitate conoscenze finanziarie e più sicuri di se (overconfident), che potenzialmente beneficerebbero più degli altri dei consigli di un esperto, appaiono invece più propensi ad affidarsi ai
suggerimenti di parenti e conoscenti (cosiddetto informal advice). La domanda di consulenza risulta, inoltre, inversamente proporzionale all’overconfidence che, a sua volta, si riduce al crescere delle conoscenze finanziarie. In linea con l’evidenza empirica disponibile, inoltre, la propensione a richiedere il servizio di consulenza appare più elevata tra le donne (meno competenti nelle materie finanziarie e in alcuni casi meno overconfident degli uomini), gli individui di classi di reddito più
elevate e i più anziani. Si conferma anche il ruolo della fiducia nel consulente. La propensione ad avvalersi del servizio è infatti più elevata tra chi dichiara di sentirsi più motivato a investire quando sente di potersi fidare dell’intermediario a cui si rivolge. Il lavoro mostra, infine, che un elevato livello di educazione finanziaria può rivelarsi estremamente utile non solo per migliorare le conoscenze degli investitori ma anche, indirettamente, per accrescere la loro consapevolezza nelle capacità finanziarie possedute.
Il documento è scaricabile sul sito della Commissione Nazionale per le Società e la Borsa: www.consob.it

giovedì 18 febbraio 2016

Risparmiatore consapevole. Il valore della Borsa dopo le perdite della Pop. Vicenza

L’elevato grado di liquidabilità di uno strumento finanziario dovrebbe contraddistinguere qualunque tipologia di investimento presente nei portafogli di ogni risparmiatore. La liquidabilità di uno strumento indica la presenza di un numero elevato di compratori e venditori (domanda ed offerta sul titolo) in grado di soddisfare nell’arco della giornata gran parte delle richieste di acquisto e vendita senza che il prezzo del titolo in questione subisca forti oscillazioni. Ancora di più, l’elevato grado di liquidità di uno strumento finanziario vuol dire quindi avere in portafoglio uno strumento quotato su un mercato regolamentato, dove la costante presenza di operatori consente uno scambio fluido tra la domanda e l’offerta e la formazione costante di un prezzo di equilibrio. L’ennesima triste vicenda di questi giorni della Banca Popolare di Vicenza, i cui azionisti si sono trovati in mano azioni di un istituto ad un valore pressoché azzerato, ci impone di ritornare con forza sul tema affrontato nel “Manuale del Risparmiatore” relativo alla necessità di scegliere esclusivamente strumenti finanziari quotati in Borsa. A coloro i quali ritengono che i mercati finanziari siano solo un luogo dove regna la speculazione rispondo affermando che le “contrattazioni in continua” garantite da mercati regolamentati, e quindi il meccanismo di trasmissione delle informazioni sul book dei prezzi, in base alla forza tra la domanda e l’offerta, risulta uno dei migliori termometri per misurare lo stato di salute di qualunque società emittente: sia che si tratti di azioni o di obbligazioni. Il caso Vicenza è emblematico. Non è tanto grave che gli azionisti abbiano perso i loro risparmi investendo in titoli rappresentativi del capitale di rischio di una banca: il cui prezzo è passato dai 62,5 euro ad azione in fase di aumento di capitale ad un valore teorico di 6,3 euro (con una perdita di oltre il 90%). La vera criticità e il dramma e che è stato negato agli azionisti il “diritto” di vendere le azioni, anche in perdita, per l’impossibilità di trovare un compratore. Di fronte alla richiesta di vendere le azioni, gli impiegati di banca del borsino hanno ripetuto per mesi che non c’erano compratori in grado di riacquistare le azioni. E questo perché i risparmiatori avevano in portafoglio azioni non quotate (in assenza del Market Maker da parte della banca collocatrice) e pertanto impossibilitati a rivendere a pronti per la mancanza di scambi giornalieri e di un prezzo ufficiale. Scegliere titoli quotati non è sinonimo di investimento privo di rischio, tutt’altro, ma consente al risparmiatore di controllare giorno per giorno l’andamento del prezzo e la valorizzazione della società  su cui abbiamo investito. Ci consente di inserire degli stop automatici di vendita al raggiungimento di una soglia prefissata di perdita e, soprattutto, consente all’investitore di rimanere vigile sull’andamento dei propri investimenti in caso di forte oscillazione dei prezzi. Perché va ricordato che i movimenti di Borsa anticipano sempre i futuri accadimenti di natura fondamentale: sia in positivo che in negativo. La discesa sensibile delle quotazioni, molto spesso ci avverte della presenza di pesanti vendite che stanno colpendo il titolo da parte di chi potrebbe avere a disposizione in anticipo informazioni sensibili. Al contrario, agli ignari azionisti della Vicenza non è rimasto che affondare insieme alla banca, senza poter gestire il comando della banca e ancora di più senza nessuna scialuppa di salvataggio a disposizione.

Edoardo Liuni

giovedì 17 dicembre 2015

Risparmio sicuro. La selezione delle ''buone società'' per migliorare il rendimento



Il fallimento delle quattro banche e la contemporanea introduzione delle regole del bail-in, stanno fortunatamente riportando alla ribalta del pubblico dei risparmiatori la necessità di prestare scrupolosamente attenzione  ai buoni fondamentali delle società, sia quando si tratta di scegliere un investimento sia quando si tratta di individuare la banca dove depositare i propri risparmi. Se rimaniamo nella fattispecie della scelta del giusto strumento finanziario per investimento, ci dobbiamo sempre ricordare che dietro un’azione ci sono storie di manager, strategie, risultati e mercati concorrenziali: in pratica c’è una società che vive di risultati i cui andamenti futuri condizioneranno  le performance dei prezzi in borsa. Pertanto ogni investitore deve assolutamente cominciare a familiarizzare con l’analisi dei documenti che consentono di valutare lo stato di salute di una compagnia: che sia banca o società industriale. Come spieghiamo ne “Il Manuale del Risparmiatore”(Ed. Hoepli, 2015) le scelte consapevoli partono dai due approcci metodologici: l’analisi tecnica e l’analisi fondamentale. Ormai dopo tanti anni di esperienza sono arrivato alla conclusione che la scelta delle società attraverso l’analisi di bilancio (fondamentale) non è sufficiente se non coadiuvata dallo studio del trend di mercato e quindi dall’analisi grafica. Ma se pensiamo ad un investimento di lungo periodo, non possiamo non partire dallo studio dei due principali indicatori: il fatturato e l’utile. Nel Manuale affrontiamo questi approcci necessari a comprendere la  valutazione delle società: “Capire se la società è in grado di generare utili sempre crescenti, non solo consente di valutare lo stato di salute attuale dell’azienda in termini reddituali, ma soprattutto mi serve per stabilire se il titolo su cui sto investendo sarà in grado di generare nel tempo rendimenti cedolari in crescita o se la maturità del business o della società mi suggerisce di cercare altrove migliori opportunità di rendimento”. E tra i multipli con cui ogni risparmiatore dovrebbe cominciare a familiarizzare ci sono i rapporti Prezzo/Utile (o P/E da earnings) e il Dividend Yield (Utili/Prezzo). Il primo indicatore ci fornisce una sintesi sulla economicità o meno di un investimento, soprattutto se rapportato ai rispettivi competitor, mentre il secondo indicatore ci fornisce un dato di sintesi sulla redditività dello strumento. E sono due multipli che vengono utilizzati costantemente ogni giorno dagli analisti professionisti di tutto il mondo.
A tale proposito, cito un interessante analisi della società internazionale ECR Research, che ha analizzato tutte le società quotate dello S&P500, riscontrando proprio sulla base dello studio del multiplo dividend yield che più di 200 società appartenenti all’indice americano presentano un rendimento più elevato di quello offerto dai  Treasury Bond Usa a 10 anni. 


Cioè, sulla base del flusso cedolare che queste società dovrebbero garantire ogni anno, le azioni selezionate sulla base delle potenzialità reddituali e dell'affidabilità finanziaria offrono un flusso cedolare più elevato rispetto all’asset class obbligazionaria. Quindi in ottica di diversificazione, un risparmiatore con profilo di rischio più elevato potrebbe scegliere di sovrappesare le “buone società” per migliorare il rendimento prospettico del portafoglio. Naturalmente la scelta timing di ingresso dovrà essere effettuata utilizzando l’analisi tecnica.

Edoardo Liuni